domenica 22 dicembre 2013

Sfida alla Dea Vita e la suo programma DNA. Follie di Gian Berra

Il carciofo Narciso ci insegna la filosofia per fregare il DNA a programma ignorante.



Sfida al DNA, quarta parte.
Il carciofo Narciso e orgoglioso di Gian Berra.

Che belli i pomodori dietro il carciofo? Non è vero? Ma era già fine settembre di 7 anni fa, e il primo freddo li ha bloccati verdi. Che sia da farli fritti come nel film?
No, è ovvio, ma che bello il carciofo che è fiorito nel suo splendore. La gente passando per la strada mi diceva: ma non lo cogli, non lo tiri via prima che fiorisca?
Io sorridevo e mi inventavo scuse, per farli passare oltre. Non potevo dire loro che stavo fregando alla grande il DNA. Lo menavo in giro come uno stupido, come in realtà è il programma ottuso, ma prezioso racchiuso nella nostra eredità biologica.
Perché mai dovremmo agire come macchinette programmate? Le civiltà, quando hanno risolto i problemi primari del mangiare, del territorio protetto, possono godere del surplus e creare il loro DNA mentale fatto a loro propria immagine. Questa è la cultura: E' rimirare sé stessi, misurarsi, e se le condizioni lo consentono... giocare. E' un lusso prezioso che pochi umani possono gustare.
Questa è la filosofia, strumento per definire spazi infiniti o confini più o meno condivisi.
Che lusso! Così a me non interessava magiare il carciofo, ma ammirarlo, goderlo e fotografarlo per rendere la sua immagine quasi eterna.
Ogni volta che vedo la foto, è come adorarlo una altra volta, e godere del suo trionfo. Io raccolgo il suo orgoglio, la sua vita che diventa anche mia. E lo ringrazio ancora oggi.
Grazie carciofo Narciso, tu sei eterno nei miei pensieri, e lo sarai per sempre.

Gian Berra 2014.



Sfida alla Dea Vita e la suo programma DNA.  
Follie di Gian Berra


Un sasso per amico

Terza parte.     Cosa è un totem? Le confidenze scandalose.

Dare scandalo. Far cose brutte, nascoste e poi fare in modo di lasciare un pochino accostata la tenda in modo che lo sguardo curioso ci scopra una preziosa briciola di malizia.
Occhi che fanno finta di non vedere, di non guardare in quello spicchio di probabile oscenità,
ma sono così tesi nello sforzo che non possono nascondere la voglia di sapere.
Quasi soffrono nel tenere allo stesso tempo due direzioni. La loro tensione li stanca a morte, ma già pregustano una novità che solleverà il loro spirito sino al punto di dire che loro avevano ragione.
Ragione da vendere.


Eppure è una cosa così semplice, naturale, spontanea. Quasi innocente o forse ingenua.
Quel pomeriggio di settembre vagavo; cosciente che si trattava di un giorno prezioso. Sapevo che era l'ora magica, ma non sapevo altro. Io sono ingenuo alla follia, mi fido di ciò che è curioso, ma non mi domando il perché. Vivo quell'attimo come una fortuna.
Così vidi in mezzo alle zolle appena arate un qualcosa che brillava lontano tra la terra.
Non ci vedo bene, nemmeno con gli occhiali. Non sapevo cosa era, ma mi chiamava come fosse un tesoro.
Così mi guardai in giro, timoroso che qualcuno si seccava per il fatto che andavo a calpestare la terra smossa. Mi pareva di disturbarla. Ma mi feci coraggio. Affondavo sulle zolle e poi fui sul punto luminoso. Era un sasso che stava giusto nel palmo della mano.
Lo raccolsi, era asciutto, appena sporco di terra scura che venne via subito. Lo ripulii meglio e lo carezzai per sentire la sua pelle di sasso. Mi impressionò la sua forma perfettamente sferica. Perfetta come una sfera, pareva quasi artificiale. Ma si vedeva che era stata la sua storia naturale a farlo così.
Sasso di calcare butterato, quasi levigato, ma non del tutto.
Bianchissimo, dall'aria un po' sfacciata.



Troppo bello, troppo perfetto. Una sfida? Appena un pensiero di rabbia passò come un lampo nei pensieri. Ma lo esclusi all'istante. Non avrei ascoltato la voce dell'impotenza. No mai!
Allora lo guardai ancora in silenzio... e Lui mi si strinse nella mano. Lo racchiusi tra le dita e cercai di stringerlo a mia volta. Lo sentii duro, un po' freddo, ruvido e tenace. Sentii anche la Sua indifferenza alle mi domande. Sentii il Suo orgoglio di essere sé stesso...e basta.
Lui non si poneva domande, neppure ne faceva a me. Era la, e bastava.
Allora compresi la sua forza. Forza antica, dura, semplice, naturale. Essenziale.
Allora non mi feci domande e lo accolsi.
Lo adorai, e lo adoro ancora oggi.
Adorare è parlare alla pari con l'altro. Io e l'altro che parlano l'un l'altro ascoltandosi a vicenda.
Chissà quale demonio venuto dai deserti del vicino oriente, ci ha fatto credere che “adorare” è mettesi in ginocchio di fronte a “Qualcuno” che ha il potere di essere al di sopra di noi tutti.
Che follia malata deve essere quella Entità che considera sé stessa al di sopra di noi tutti, e che addirittura considera sé stessa “Padre”, e rifiuta come sconcia la qualifica di Madre”.

Sto divagando, non vale la pena trattare dei sogni di potenza di entità svergognate e ingannatrici. Esse sono presenze parassite che succhiano le anime d'occidente della loro dignità. Basta ignorarle e lasciarle sole. Da sole esse muoiono da sole. Senza la nostra attenzione, svaniscono e basta.

Il sasso di calcare bianco butterato invece è ancora con me. Me lo porto vicino. A lui non importa nulla di me. Lui vive da milioni di anni. Io tra poco sarò meno che polvere, imparo da Lui cosa è la Vita. La prendo da lui e in cambio Lui mi ruba l'attenzione.
Ne vale la pena?

Il sasso mi risponde coi i miei stessi pensieri: Perché ti domandi dei perché? Non ti basta vivere in mia compagnia? Sento che lui è contento, almeno quanto può esserlo un sasso. 
E mi sento felice.

Gian Berra 2013
NB. Il sasso bellissimo della foto non è il mio sasso. Lui non vuole essere fotografato, io lo ascolto.



Aspettando che la sfida al DNA si compia...




Sfida alla Dea Vita e la suo programma DNA.  
Follie di Gian Berra


Sfida al DNA e alla Vita...  ( prima parte)

Ecco che i pensieri vagano, chissà se c'è uno scopo. Loro lo cercano indecisi se indagare oltre. Ma è una illusione. Così è meglio rischiare e mi butto nel piacere di andare oltre ciò che serve davvero.
Meglio vagare nel superfluo. Che bello vivere in una fetta di civiltà che permette uno spicchio di ricchezza che ci dona libertà di sognare. Liberi, per ora, di cercare a tempo pieno il cibo o il riparo provvisorio... possiamo goderci la cultura.
La Dea Vita ha previsto una evoluzione del DNA mentale o culturale?
La Dea Vita è una Dea terribile, e pare, senza cuore. Ma ci dona una occasione limitata di poterLe ridere dietro. Lei non ride di noi umani, nemmeno ci vede: Siamo una crosta dallo spessore flebile e provvisoria.
Lei la Dea per eccellenza, ha accettato un incidente rischioso come una moderata autocoscienza.
Ma rischioso per noi certamente. Lei, la Dea quasi assoluta ( per noi) ride di gusto ai nostri crucci.
Ride e quasi si piega in due dal ridere delle nostre certezze. Lei ride delle Fedi, religioni, idee e certezze.
Ride sopratutto del fatto che le cerchiamo, ride della nostra paura. Poveracci, ci dice...
Lei, la Dea crudele, e mamma assoluta, ride dei maschi umani e li usa come cavie per tormentare le femmine della specie. Una umanità che funziona a metà è uno scandalo per la specie. Una sfida a chi resiste più a lungo. La Dea comunque non conta il tempo, se ne frega. Sa che ci meritiamo di essere ciò che sapremo essere. E Ride, si diverte un sacco.
Selezione naturale? Fisica e anche mentale? Certo, Lei gioca a dadi con gioia, perché nemmeno Lei sa come andrà a finire. Il rischi è il suo gioco...e lei non si cura di perdere, perché perderemmo di sicuro prima noi, poveracci. Che sofferenza, che tedio, che rabbia.
Quando La sfidiamo fa finta di darci corda, ci segue per un poco...e poi ci lascia soli a leccarci le ferite.
C'è chi ha tentato di pregarla, di accenderle dei ceri, c'è chi addirittura ha fatto sacrifici orrendi per Lei. Addirittura alcuni hanno mortificato la loro “ragione” o il loro corpo per una salvezza dal Caos, altri sono fuggiti nella follia per non vedere un futuro certo.
Altri hanno cercato di sfuggirLe sperando in qualcuno che la abbia creata a Sua immagine. Follia.
Lei, la Dea ride ancora di più della debolezza di questa specie che pensa di sapere come ottenere qualcosa da Lei, la superba.
Eppure una mezza soluzione esiste. Sfidarla.
Lei, Dea senza cuore, usa una Sua soluzione quasi chimica, per determinare un Caos moderato per ingabbiare gli umani. Mescola e rimescola usando programmi quasi de tutto emotivi. Usa anche l'ambiente come un gioco, assieme al tempo. Gioca e nemmeno guarda. Si annoia col nostro tempo. Gioca Lei, con quelli che ancora non la hanno sfidata. Lei sa che “l'autocoscienza” pretesa dagli umani è una grande fregatura. A cosa serve tale facoltà se poi l'istinto dice che tu dovrei finire in polvere e questa si mescolerà alla terra per fare altra terra. La paura di essere così “poco” è la garanzia che in DNA dovrà ancora fare un gran salto per sfidare la Dea femmina che alimenta illusioni di fuga nell'illusione dei sogni che vengono fuori dalla follia del deserto.
Deserto interiore specialmente dei maschi umani. Alle femmine umane non interessa per fortuna la follia di “fare” ad ogni costo le cose. Loro, le figlie della Dea basta vivere...la Vita.
Sfidarla, questa Dea? Seguire il suo scopo, viverla come lei vive sé stessa?
E finalmente fregarla? Farle vedere finalmente che il suo progetto vitale è...vivere?
Vivere senza aggettivi o termini. Vivere e basta. Al meglio naturalmente. La sofferenza è solo una possibilità, una patologia che può essere curata dall'amore per la Dea.
La Paura solo una Dea di grado inferiore. Sacra anche essa, ma secondaria. Una fregatura rimasta dentro i meandri ancestrali del sacro DNA. Per fortuna le Dee e gli Dei non sono mai assoluti, e non ci assomigliano nemmeno. Possiamo offenderli a morte, e loro sono più che contenti di vedere che finalmente qualcuno si è accorto di loro. Lo accoglieranno quasi fosse loro fratello. Rideranno del nostro coraggio, ma lo rispetteranno, o per giocare con noi ci rispetteranno come fossimo loro.
Ma il passaggio più importante è sfidare il DNA.
E questo lo racconterò la prossima volta...
Lo traduco anche in dialetto veneto?
Gien Berra 2013



Memole, la Dea assoluta



Come seguito a sfida al DNA e alla Vita.  ( seconda parte )

Addomesticare o favorire una autocoscienza?
Memole, mia amata cagnetta tu sei il mio amore da difendere dal maligno destino del DNA e dalla durezza della Dea Vita. Lei la Dea altezzosa ed indifferente non si interessa di me o di te. Lei ragiona con gli umani, come fa il Dio stato padrone( o no), che ha la sua ragione... di stato.
La ragion di stato somiglia alla ragione della Dea Vita, essa non pensa agli individui, non li vede nemmeno.
Per questo io ti frego o Dea insensibile. Io cambierò le cose, anche se solo per meno di un Tuo attimo, Ti ruberò un pezzo di programma di DNA... e lo userò per il mio scopo.
Tu, Dea insensibile, non hai emozioni? No vero, carissima? Ma hai fatto uno sbaglio: Hai permesso con disattenzione ( in fondo da ignorante) che agli umani crescesse un granello di autocoscienza. Ora corri ai ripari creando col divino Caos tanta confusione, e tenti di disorientarci per ora. Pensi davvero che spariremo tutti in favore di una nuova era dei rettili? Illusa! Io, cara mia ti metterò i bastoni tra le ruote.
So come fare, e userò proprio le regole del tuo programma DNA!
Ho dato alla mia cagnetta il nome Memole. Divina Memole, il tuo nome viene da un folletto dei cartoni animati di 20 anni fa:Un folletto femmina, gentile, furbetto, ingenuo, tenero e con tanto fascino... ( niente a che fare col furbetto idraulico Super Mario, che ora tormenta con sfacciataggine i veneti rabbiosi, ma addomesticati di oggi. Chiamato anche Wiva Super Mario, WSM, che strazio..)

Memole, ora hai 8 anni, sei matura e posso dirti la verità: Non ti ho mai addomesticato.
Mai! Parola mia. Naturalmente non lo ho fatto nemmeno con i miei figli.
( Figurarsi con mia moglie...)
Cara bambina cane, ti ho osservato, fin quando ti portammo a casa. Tu ti guardavi attorno in attesa di cercare qualcosa a cui ubbidire. Vedevo lavorare in te, il DNA maligno che generazioni di umani ti avevano messo dentro, copiandolo da loro stessi. Un padrone ha potere, un padrone è necessario, anche se non è palese, come farne senza? Che grande sfida!
Una volta al giorno ti prendevo in braccio e ti coprivo di baci. Non c'era una ragione, lo facevo perché mi piaceva. Ma tu non capivi. Pensavi: “cosa ho fatto per meritare tanti baci? Forse ho sbagliato qualcosa?”
Poi cominciai a parlarti come parlavo a tutti gli altri in famiglia. Non so se capivi, non mi interessava un bel niente. Anche se mi guardavi sospettosa, io ti prendevo sul serio, malgrado tutto.
Poi, anche quando non sapevo che fare, lo domandavo a te.
Poi, cosa grande ho cominciato a scherzare con te. Ti ho fatto capire di non prendermi sempre sul serio. Ma tu capivi che anche questa era una cosa seria.
Così presto tu imparai che io non ero un padrone, ma uno che era quasi come te.
Quando ti chiamavo non mi degnavi nemmeno di uno sguardo, a meno che tu non lo volessi.
Era la prima vittoria sul maligno DNA!
Però poi vennero i frutti, e tu, carissima, cominciai a diventare furba e canchera. Era come se tu avessi imparato a ridere. Fu il mio, e tuo trionfo. Sapevi come ricevere attenzioni, come reclamare cibo, e cosa sublime... come richiedere affetto.
Poi finalmente la tua vita divenne la nostra. Tu hai poche esigenze o desideri. Noi tutti ti avevamo preparato un territorio protetto dalla indifferenza della dea Vita. Noi eravamo la Vita, e completamente a tuo favore, o divina Memole. Le nostre regole di DNA erano solo a tuo favore.
Abbiamo fregato, e girato a nostro vantaggio ogni indifferenza. Ti pare poco?
Per quell'attimo che siamo in questa forma di vita, siamo noi che facciamo le regole: condividiamo, amiamo, litighiamo, gioiamo senza più paura uno dell'altro. Non più nemici o ansie, abbiamo creato il nostro paradiso, e tu cara sei un Dio a tutti gli effetti. Che amore!
Invece, fuori, i maligni a domandarsi chi erano quei matti. Cosa mai facevano?
Quelli fuori, poveracci, si sentono liberi di odiare e giudicare. Poi si inventano occupazioni per definire rigidi confini. I confini, le classificazioni, le bandiere, le idee e le emozioni legate a tali inganni li tenevano ben legati al loro schema. E intanto la indifferente Dea Vita quasi ride di loro. La Dea Vita prova emozioni? Non so, lei non si accorge nemmeno degli umani. Sono solo probabilità e nulla più. E il DNA è il suo programma scritto in linguaggio senza pietà. Figuriamoci se contiene amore!
Ecco che tento di lanciare raggi gamma con le parole, Forse riuscirò a lasciare un segno dentro alla folla di identità che avrà il tempo di leggere le mie follie.
Ma cosa mai tu vuoi da noi chiacchierone? Intuisco.
E' ovvio, voglio prendere tutti in giro, e giocare e divertirmi un sacco.
Poi mi viene una domanda: Perché il Dio unico, assoluto dell'occidente e del vicino oriente, non ride mai?
E mi vengono i brividi...

Gian Berra









Memole la Dea assoluta





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