martedì 28 gennaio 2014

Robert Heinlein torna dal passato con la denuncia dei misfatti del potere del capitale in funzione della finanza fine a sé stessa. L'assoluto come egoismo malato



Robert Heinlein torna dal passato con la denuncia dei misfatti del potere del capitale in funzione della finanza fine a sé stessa. L'assoluto come egoismo malato.


Siamo nella crisi economica mondiale degli anni '30. Il mondo è come oggi, dilaniato da una crisi che fa fallire l'economia di chi lavora, in favore della speculazione fine a sé stessa. Il giovane inquieto Heinlein ci prova con la politica, ma non gli va bene. Non demorde e scrive il suo primo libro in chiave di fantascienza: “A noi vivi”, Ma nessun editore ha il coraggio di pubblicarlo. Riceve minacce, e lui, sconfitto un'altra volta, decide di diventare comunque scrittore di fantascienza. Getta via il manoscritto, ma si scorda di averne regalato una copia ad un amico, che a sua volta lo dimentica dentro uno scatolone in garage. Gli eredi di tale persona lo scoprono, e finalmente nel 2006 il libro viene pubblicato. Cosa mai aveva di così terribile il romanzo?
Heinlein, studioso di politica economica, denuncia lo strapotere delle banche che hanno privatizzato anche la moneta. Nel libro spende tante pagine raccontando le malefatte ( di allora e di oggi) e le strategie di potere assoluto del capitale fine a sé stesso. Ma, racconta lui... finalmente nel 2086, dopo lotte e guerre contro le banche, finalmente la guerra è stata vinta: Adesso la gestione delle stesse non sarà più privata, ma controllata dalla “collettività”. Non basta, perché ad ognuno sarà garantita con un assegno minimo la sopravvivenza, e la privacy sarà sacra...
Il libro è difficile da leggere perché Heinlein ci mette dentro tutto. Ma è un tesoro che parla anche di noi e dei nostri crucci quotidiani, delle nostre angosce.
Heinlein diventerà un gigante della fantascienza. Pubblicato prima da Urania e poi ripubblicato negli Oscar. La storia si ripete come un ciclo che aspetta una qualche soluzione, sperando che le coscienze si risveglino.
Nel frattempo, io dormiente nella campagna veneta, guardo con rabbia a quei capitalisti della splendida Serenissima Venezia del 1600 e del 1700, già asportava i suoi capitali (veneti?) in Olanda e a Londra per investirli nelle Compagnie delle indie, per sfruttare i nuovi continenti a loro vantaggio. Loro avevano già scartato come cadavere la bellissima dormiente in laguna come una Las Vegas ad uso dei ricconi d'Europa.
E c'è ancora gente che corre dietro a tale cacca.
Gian Berra 2013.


http://www.scribd.com/gianberra





https://sites.google.com/site/veniceworldart/













frutta colorata per rendere il sacco dentro in cui viviamo più piacevole.




L'immagine di un punto immagine.

Guardo l'immagine di una bandiera, che contiene il colore rosso.
Prendo un solo punto di questo colore, è un punto di rosso.
E' rosso come il sangue, come il riflesso di un tramonto, come le labbra del mio amore.
E' rosso come le fragole, come la veste di un cardinale, come un fiore di tulipano.
E' rosso come gli occhi del diavolo, come di una ferita aperta...
E' la immagine della energia violenta, ma anche della passione.
Ma anche il colore di una banca che lavora per noi in tono rosso che sa di frutta.
Siamo salvi, siamo protetti, non dobbiamo mescolare i colori. Fermiamoci
prima di indagare troppo. Accettiamo la sua energia senza pensare.
Altri sanno come ragionare per noi, altri faranno il nostro futuro a loro immagine.
Perché ci lamentiamo? Non ci manca nulla in fondo.
A parte un po' di ansia o insicurezza perché sappiamo bene che siamo dentro un sacco,
a cui, chissà perché... siamo affezionati.
Gian Berra 2013


http://www.scribd.com/gianberra





https://sites.google.com/site/veniceworldart/







sabato 25 gennaio 2014

La donna veneta è la Dea che protegge da secoli la nostra identità. La vera e unica (?) è figlia di Asherah. Gian Berra



La femmina veneta
Gian Berra 2013



La donna veneta è la Dea che protegge da secoli la nostra identità.

Sempre bella, forte, paziente la femmina veneta, Dea che protegge la nostra identità di popolo antico, fiero e tenace, attende che i maschi veneti risveglino il loro coraggio.
Paziente osserva la follia che da secoli i maligni scarafaggi dell'assoluta impotenza mettono nell'anima dei suoi figli appena nati. Non può combatterla da sola. Paziente subisce la violenza con cui lei viene derisa, sporcata, umiliata e disprezzata.
Lei, la Dea che dona la vita, e tenuta in un angolo di impotenza. Il maschio giovane veneto la cerca per sfogare la sua furia, poi la scarica ad allevare i sui figli. Poi da vecchia, la Dea baderà ai suoi nipoti con amore ancora ignorato. A lei veniva imposto un fazzoletto scuro in testa per nascondere la sua luce. Oggi il maschio veneto ha timore della sua potenza: non sa capire il suo potere.
La Dea, paziente aspetta che lui finalmente scopra le paure e l'impotenza che da maschio ancora si porta dentro. Mai la Dea ha ricevuto un “ti amo”, una parola cancellata per sempre dal dialetto dei padri. Lei è paziente, vede la rabbia nascosta dentro l'anima del suo popolo, ma non può che attendere. Lei, La Dea, svilita, chiamata puttana, santa, oggetto da usare, con poca identità, con affetto e bontà spesa invano...lei continua a creare la vita.
Nessuna riconoscenza, nessun merito, così poco amore per i suoi doni dati gratis.
Nessuno la adora, nessuno si china davanti alla sua sacralità naturale.
Lei guarda da lontano i suoi maschi che perdono la loro vita in club sportivi, politici e alla cura dell'osteria e della chiesetta vicino casa.
Loro, i maschi veneti ancora non si vergognano di avere venduto la loro anima alla illusione di avere un grosso uccello, lungo, duro, fisso, eroico e roseo nella tensione verso un chiaro sfogo di latte che fertilizza solo le loro illusioni. Ma ancora portano dure mutande di cuoio per riparare quella parte delicata.
E la femmina veneta aspetta, ed accudisce alla vita con tenacia.


La vera e unica (?) è figlia di Asherah, tradita dall'inganno di quel maschio depravato che veniva dalle sabbie del deserto...

www.ditadifulmine.net/2011/03/asherah-la-moglie-di-dio.html#.UuJ-qdIuJdh


Gian Berra 2013





mercoledì 22 gennaio 2014

Crociera nell'infinito, di Van Vogt. La nascita del connettivismo che ci salverà dall'assoluto inganno. Gian Berra 2014





Crociera nell'infinito, di Van Vogt. La nascita del connettivismo che ci salverà dall'assoluto inganno. Gian Berra forse già 2014...


Crociera nell'infinito, di Van Vogt. Ho letto il libro per la prima volta nel 1965 (facevo le scuole superiori a Montebelluna). Malgrado lo stile di scrittura un po' datato, è ancora bel leggibile. Si può trovare ancora nel posto che i più fortunati sanno esplorare.
La trama è la solita: un gruppo di eroi viene mandato in esplorazione, come altri, su uno spicchio di spazio. Il comando centrale della flotta imperiale si è accorto che poche navi ritornano indietro, dati i pericoli e le incognite che incontrano. Allora fanno un esperimento nuovo: Mettono, in segreto, tra i membri dell'equipaggio, un tecnico di una nuova disciplina: Il connettivismo.
Si tratta di una nuova “scienza”, la scienza delle scienze. Dare ad una persona la conoscenza “essenziale” di molte branche della scienza, con un controllo strategico-psicologico dell'insieme, con l'allenamento a gestire le situazioni “al di fuori del coinvolgimento emotivo alle stesse”. Il tecnico in questione dovrà lavorare a lungo per difendere l'equipaggio dai pericoli che incontreranno... ma anche si accorgerà che i pericoli peggiori si nascondono proprio dentro le anime dell'equipaggio,... e nella sua. Van Vogt è uno dei migliori scrittori di fantascienza di quel periodo iniziato appena dopo la seconda guerra mondiale.
Gian Berra






La rivincita del ricciolo barocco. L'anima occidentale moderna è tornata barocca. Gian Berra 2014



L'anima occidentale moderna è tornata barocca. Gian Berra 2014




La rivincita del ricciolo barocco. (moderno)

Che bello, adesso lui si gira, mi guarda per un attimo,
poi si gira dall'altra parte e pare andar via.
Ma è un inganno, perché è là pronto a ritornare con un ammicco
che pare dispettoso.
Eccolo si è girato su sé stesso, e mi da uno sguardo appena,
e io penso che adesso mi guarderà ancora.
Ma no! Gira ancora e anche di lato, poi giù
di nuovo. Adesso pare si fermi e...
mi fissa scaltro e dispettoso, e pare mi dica:
Io rido di te, tu ne sei capace?
Continua lui: Non vedi la fortuna della abbondanza in cui nuoti in questa epoca barocca moderna di inizio del nuovo millennio? Siamo già al gennaio 2014, e nuoti inconsapevole in una abbondanza concreta che nemmeno gli antichi re e imperatori si sognavano. Hai a disposizione le biblioteche del pianeta. Puoi parlare con chi ti pare. E ancora ti crei i tuoi confini personali? Che scemo che sei, che illuso, che povero merlo che sei...
Ricordi Mozart? Anche lui era nella stessa situazione, viaggiava per mondi opulenti e gustava la fine della sua epoca con gaudio decadente, ma pieno di orgoglio senza ragione alcuna. Viveva la sua avventura e se la godeva con gran autocompiacimento. Lui ci ha regalato un pezzo di paradiso, e lo puoi ascoltare e gustare all'infinito...
E' il regalo del barocco, figlio dell'abbondanza dello spirito delle anime che contemplano sé stesse pur navigando sull'onda che porta alla tempesta. Questo è coraggio o follia?
Non farai ora a rispondere alla domanda, e sarai già cenere.
E per giunta, senza aver goduto di percorrere il ricciolo, con leggera voluttà...

Gian Berra 2013
 — con Filosofia Veneta - Tola Rotonda par Tutti presso Piazza San Marco, Venice.




La filosofia di Hannibal Lecter.... e.... l'intento di Thomas Harris. Di Gian Berra 2014




Chi condanna Hannibal Lecter?


La filosofia di Hannibal Lecter....
e.... l'intento di Thomas Harris.

Non so se chi legge conosce la storia, perciò divago consapevolmente raccontando gli antefatti.
Thomas Harris inizia come praticante giornalista, ma lo lo soddisfa questo lavoro ed inizia a scrivere un romanzo che ancora non accenna al cannibale, ma che porta con sé qualcosa...
Poi l'autore ha una rivelazione furba e geniale. Non un romanzo solo, ma una serie di romanzi che rappresenteranno un aspetto scandaloso. Lo scandalo attira come miele l'attenzione e produrrà il successo. L'artista completo sa tener conto di tutti gli aspetti della filosofia di vita, deve cioè pensare a sviluppare la sua arte, ma deve anche vivere di soldi. Questo è lo spirito americano. Anche degli altri s'intende, ma in America è palese e senza sensi di colpa.
La sua genialità consiste nel fatto che racconterà la vicenda di Hannibal... all'incontrario.
Con i primi libri, e di seguito con i film relativi, noi non sappiamo chi realmente é Hannibal.
Lo vediamo come un mostro, ma non uno qualsiasi: Lui rappresenta l'orrore, la paura, il demonio fatto uomo, la crudeltà assoluta, il male inesprimibile. Il solo fatto di pensare di “capirlo” è scandalo. No, non è possibile, lui è solo condannabile.
Hannibal si nasconde, come la “Paura”, lui è nascosto alla coscienza, e agisce da tale luogo inaccessibile. Colpisce, uccide, mangia parti della sue vittime. Lui è inafferrabile, viscido, occulto...

Hannibal è un ninjia?
Lui sembra controllare il suo ambiente come una belva che preda: Vede tutto, anche un paio d'occhi che lo guarda da una folla: Registra quegli occhi per sempre, schedati come possibili nemici suoi per l'eternità. Usa gli occhi, ma soprattutto, come un lupo, lui annusa le persone, e dal loro odore indovina le loro anime. Usa il tatto con competenza, basta che lui sfiori la tua pelle, e sei già chiaro in lui. Non solamente come animale fisico, ma soprattutto indovina tutta la tua storia personale, conosce le tue debolezze, e sa che tasti toccare per ferirti o lodarti a suo vantaggio... o per farti suicidare.
Lui riunisce il passato, il presente, il futuro in un unico file. Non dimentica nulla, non si lascia distrarre, mantiene un controllo disumano e cambia i suoi programmi all'istante e si adatta a tutto senza mai perdere un grammo di sé stesso. Mai lui rinuncia alla immagine che ha di sé.
Anche nella situazione di impotenza in cui viene rinchiuso ( chiuso in una cella sotterranea senza alcuno stimolo, poi legato in una camicia di forza, poi con la faccia dentro una maschera di cuoio e ferro, poi …)... lui è sempre lo stesso. Stimola, schernisce, sfida, invita alla violenza su se stesso, ride e deride...
Lui sfugge sempre alla sua morte, alla fine sparisce ancora libero...

Ma l'autore Thomas Harris sa bene che non basta. Bisogna renderlo umano, un umano all'incontrario, un umano che è peggio di una bestia. Un demonio di umano. Così sin dall'inizio ecco che Hannibal rivela sua infame debolezza; mangia parti delle sue vittime, alla fine addirittura mangia una parte del suo grande aguzzino... addirittura mentre questo è vivo.
La coscienza del giudizio di chi legge, o guarda il film, viene appena un po' rassicurata dal fatto che in fondo Hannibal fa queste cose a persone maligne, criminali, aguzzini, malefiche o semplicemente avversari suoi... ma non basta per accettarlo.
Ma il successo delle sue vicende solletica l'impotenza di chi mai si sognerebbe di farsi giustizia in tale modo. Ma il fascino della sua sfida rimane. Thomas Harris è miliardario, e non ha fatto che evocare ad arte ciò che già tutti nascondiamo in noi.
L'autore Thomas Harris, è piuttosto grassoccio, tiene una barba un po' lunga. Ha l'aria gioviale, paffuta, sembra lo zio buono. E' esperto di altissima cucina, reclamato dai circoli mondiali dei migliori gourmet. Gira il mondo vestito in completi scuri, con camicia bianca e qualche volta cravattino a farfalla. Sembra abbia sempre gli occhi in un perenne mezzo sorriso, e da sopra gli occhiali ti da brevi occhiate... e registra i tuoi pensieri. Lui sa che la ha fatta grossa, ma sa che nessuno gli farà mai una colpa... di aver detto una verità.

Alla fine, però, quando tutto sembrava già chiaro e giudicato. Veniamo a sapere che Hannibal è il figlio di un piccolo nobile polacco. Si ritrova con la sua sorellina, orfano dei suoi genitori ammazzati dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Ma non basta, alla ritirata dei tedeschi di fronte alla avanzata dell'armata rossa, un gruppo di soldati tedeschi affamati... le uccidono la sorellina e se la mangiano...
Ma ormai a questo punto, la gente già ha digerito l'immagine del mostro incatenato da eliminare come una vergogna che deve sparire. E' lui che deve pagare.
Mi immagino le vittime di tutte le violenze della... storia. Mi immagino la gente che assisteva al rogo della streghe, o di Giordano Bruno, dei gulag, dei campi della Gestapo, delle torture che gli inquisitori di Venezia giudicavano con lo squartamento del condannato in piazza San Marco, mentre il popolo ammirava e godeva...
Allora penso, che Hannibal, malgrado la sua follia malata, ha mantenuto vigile la sua furia...

Gian Berra 2013.
— con Filosofia Veneta - Tola Rotonda par Tutti presso Piazza San Marco, Venice.






Anima Sugomi, un aiuto dall'oriente per catturare energia...



Anima Sugomi, regalo di Kawasaki al mondo...

Anima Sugomi, un aiuto dall'oriente per catturare energia..

Anima Sugomi, un simbolo orientale che l'occidente può solo annusare.
Un predatore nella posizione di caccia della sua preda, con i muscoli in tensioni pronta ad aggredire.
Così l'oriente ci regala ciò che la nostra cultura occidentale si sforza di nascondere dietro la maschera di una solidarietà onorevole, ma falsa fino al midollo.
Dietro questa maschera l'occidente nasconde la sua perversione con imbarazzo.
L'oriente, non teme di vivere anche questo aspetto dell'anima umana. Con coraggio esso dona a questa pulsione vitale la sua identità e una immagine concreta. Esso la riconosce come Dio e lo adora con rispetto.
Il team che ha creato il nuovo modello di moto Kawasaki, ha litigato per mesi, venendo anche alle mani con spintoni e pugni rabbiosi, fino a giungere, con sinergia creativa, ad un risultato condiviso. Eppure si trattava solo di elaborare una “immagine” delle sovrastrutture del modello.
Ma era proprio quella che doveva innamorare l'occidente. Loro ci hanno capito sino alla parte più nascosta della nostra anima. Noi cerchiamo noi stessi chissà dove...

Gian Berra 2013






Quando ignoranza e paura obbligarono la associazione culturale La Criola a chudere ogni attività. Un ricordo di una violenza contro l'arte.

  Un pomeriggio al campo della Criola in via Guizzetta a Covolo di Piave durante uno stage di pittura con i soci. Tutto finì l'anno dop...